Brandi Cesare - 2019 - Terre d'Italia by Brandi Cesare

Brandi Cesare - 2019 - Terre d'Italia by Brandi Cesare

autore:Brandi Cesare [Brandi Cesare]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: History, Europe, Italy, Art, General, Travel
ISBN: 9788858784921
Google: K2y5DwAAQBAJ
editore: Bompiani
pubblicato: 2019-10-29T23:00:00+00:00


PERUGIA

Se Diana era dagli antichi detta triforme, “trivia”, come la chiama Dante, Perugia, che è etrusca, romana, medioevale, rinascimentale e barocca andrebbe messa sotto il segno del cinque, questa bellissima città, dai più vasti orizzonti, con l’aria quasi di montagna e asciutta come una giornata di sole. E così la sentirono e la rappresentarono i suoi due più grandi pittori, il Perugino e Raffaello, che, va bene era d’Urbino, ma che nei suoi dipinti giovanili respira aria di Perugia e l’azzurro montanino dei suoi cieli senza macchia ornati di filatteri quasi danzanti.

Come tutte le città più antiche, alle quali la nostra civiltà attuale ha posto solo un cappello presuntuoso di deleteri edifici, Perugia ha un fondo di civiltà contadina, vera dunque, radicata nel vino e nell’olio e in quell’odore di mosto e di vinaccia che di ottobre spandeva quel gentile afrore nei vicoli della città vecchia ancora rimasti come nelle vecchie fotografie Alinari, appena arginato dalle porte medioevali, ancora erte all’intorno del nucleo veramente augusto; e di dicembre quel profumo di olio appena stretto nelle oliviere suburbane, che è odore d’infanzia, quando, bambini, si andava col babbo a mangiare il pan unto e ci si beveva il vino nuovo appena svinato, in quell’aria grassa e calda impregnata d’oliva, e uscendo ci si portava fuori come un’impronta. Ora queste cose non esistono più né a Perugia, né a Siena, le due città che si assomigliano di più, senza assomigliarsi affatto, ma per quello strascico di civiltà contadina che hanno conservato fino ai primi del secolo. Ma Perugia conserva ancora un sapore, che è solo suo, quello della pizza col formaggio, la “ciaccia”, come la chiamano, che è cosa meravigliosamente rustica, fatta di uova, pecorino e farina: cotta nel forno a legna, e su cui si beve il vino rosso, magari quello che si chiamava il vin del tetto, e che solo in Umbria si faceva, imbottigliando il vino rosso, il migliore, e collocando le bottiglie fra i tegoli, esposte al sole, per tutta l’estate: quelle che arrivavano all’autunno senza scoppiare e senza diventare aceto, erano come un vino vecchio di dieci anni. Così ricordo di averlo bevuto fino a dopo l’ultima guerra dai Ranieri di Sorbello, quelli stessi che conservano, ed è una gloria patria anche più che di famiglia, l’Annunciazione giovanile del Perugino, dove si affaccia quel cielo che Perugia ha sempre posseduto, ma il Perugino doveva inventare in pittura: un cielo senza fiato, tutto immagine e nostalgia.

Ma Perugia non esiste solo in pittura, anche se questa sua pittura, per fascino e per raffinatezza non cede né a Firenze né a Siena: e che tanto l’una che l’altra, supreme matrici di pittura, abbiano largamente visitato questa terra benedetta – da Cimabue e Giunta a Giotto, a Simone, ai Lorenzetti, fino al Gozzoli, Domenico Veneziano, Domenico di Bartolo e il sommo Piero della Francesca – sta a documentare la splendida collezione della Pinacoteca nazionale, gioiello in un gioiello come è il Palazzo dei Priori. I suoi numi, se culminano nel Perugino



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